Le teorie scientifiche e il loro valore oltre la prova empirica e l’attribuzione di una conformità alla realtà. Sono quesiti che indagò Percy Williams Bridgman, fisico che delineò un quadro più sfaccettato per le definizioni dei concetti scientifici e le teorie che ne accompagnano il significato
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Percy Williams Bridgman, conosciuto soprattutto per i suoi studi pionieristici sull’analisi dimensionale, ottenne un notevole riconoscimento per i suoi contributi alla filosofia della scienza e, in particolare, per la sua formulazione della “critica operativa” della scienza, che ha delineato in “The Logic of Modern Physics” del 1927.
Il valore nominalistico dei concetti scientifici
Durante la crisi della fisica classica e il dibattito sulla fisica quantistica e relativistica, Bridgman ne attribuì il motivo all’uso scorretto di concetti universali nominalistici, proponendo un metodo operativo che richiede un lavoro empirico per definire concetti scientifici. Bridgman configurò lo stato di crisi e le reazioni contro la fisica relativistica e quantistica all’interno di un uso improprio di concetti ritenuti universali, come lunghezza e tempo, che in realtà hanno un valore puramente nominalistico.
“Tra gli allievi di Bridgman troviamo J. Robert Oppenheimer, che ispirò allo scienziato statunitense la curiosità per la fisica quantistica e per l’indagine sugli spettri molecolari. “
L’approccio empirico per le teorie scientifiche
Per dare un significato tangibile alle definizioni dei concetti applicabili in ambito scientifico, sostenne Bridgman, è necessario ricorrere a un metodo operativo, in cui a ogni definizione corrisponde un lavoro empirico effettivo per garantire l’allineamento con le operazioni di misurazione pertinenti. Questo approccio darà luogo a una moltitudine di concetti di misurazione, che rispecchiano la diversità delle misurazioni effettive effettuate.
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Bridgman ha altresì fornito una versione opponente a coloro che sostenevano la teoria secondo cui la scienza esprime convenzioni in base alle quali la verità di una proposizione matematica o fisica dipende da un accordo preliminare, esplicito o tacito, di coloro che devono fare uso di tali proposizioni. Egli affermava invece che “l’aspetto più importante di una teoria è ciò che fa, non ciò che dice di fare o ciò che il suo autore pensa che faccia”.
J. Robert Oppenheimer e Percy Williams Bridgman
Tra gli allievi di Bridgman troviamo J. Robert Oppenheimer, che ispirò allo scienziato statunitense la curiosità per la fisica quantistica e per l’indagine sugli spettri molecolari. J. Robert Oppenheimer frequentò la scuola Society for Ethical Culture di New York prima di studiare chimica privatamente. In seguito si iscrisse ad Harvard nel 1922 e passò alla fisica. Continuò i suoi studi al Cavendish Laboratory di Cambridge, sotto la guida di Percy Williams Bridgman.
Il Nobel per la Fisica per la ricerca sulla conduzione elettrica
Bridgman, professore di Harward, durante uno dei suoi esperimenti apportò delle modifiche a una macchina malfunzionante nel suo laboratorio, scoprendo un nuovo strumento in grado di raggiungere pressioni di 10 GPa, superando il precedente massimo di 300 MPa. Nel 1946, Bridgman ricevette il Premio Nobel per la Fisica per le sue ricerche sulla conduzione elettrica nei metalli e sulle proprietà fisiche dei cristalli.
Author: Claudia Sistelli
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